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CHI può fare COSA?


Ecco cosa ha sentenziato la Corte di Cassazione qualche giorno fa (23 marzo 2012):

Commette il reato di esercizio abusivo della professione il soggetto che svolge attività tipica e di competenza specifica” della professione regolamentata senza però essere iscritto all'Albo professionale.
(Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, con la sentenza n. 11545 del 23 marzo 2012).


Le attività tipiche sono riservate solo agli iscritti all'Albo.

La sentenza, fornendo un'interpretazione estensiva dell'articolo 348 del Codice penale, stabilisce che:
 “concreta esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell'art. 348 cod. pen., non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di:
  • atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione
ma anche:
  • atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione, qualora  compiuti con modalità tali (per continuatività, onerosità e, almeno minimale, organizzazione), da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un'attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato”. 
 Bene, però quali, esattamente, sarebbero queste "attività tipiche di esclusivo appannaggio della professione medica"? Ad oggi non sta scritto da nessuna parte. E torniamo al solito problema del vuoto normativo che ammorba il mondo delle discipline bio-naturali, non stabilendo qual'è il confine tra esse e la professione medica. E lo dice la stessa sentenza con la frase "in assenza di chiare indicazioni diverse". Come si deve dunque tutelare un operatore in discipline bio-naturali che non sia anche medico?